4 luglio 1899: è il giorno dell’Indipendenza negli Stati Uniti quando William Harlow Reed, Jacob Wortman ed Arthur Coggeshall, dopo settimane di scavi nelle badlands del Wyoming senza alcun risultato, portano alla luce un grosso ungueale fossile. Di lì a poco i tre capirono di aver finalmente trovato ciò per cui qualche mese prima erano stati ingaggiati dal magnate del petrolio Andrew Carnegie: un enorme dinosauro del Giurassico.
Carnegie era il fondatore dell’omonimo Carnegie Museum di Pittsburgh e voleva a tutti i costi nella sua collezione “il più grande animale sulla faccia della Terra”. Battezzata come una nuova specie, , la nuova acquisizione del museo divenne il pezzo centrale dell’esposizione, pur venendo completata con ossa provenienti da altri esemplari ed addirittura da altre specie.
Per chi avesse già visitato il Museo Giovanni Capellini a Bologna, il nome del dinosauro sopracitato potrebbe suonare familiare. Infatti, un calco dell’esemplare di Pittsburgh è esposto anche nelle collezioni di Via Zamboni 63, dove è diventato inevitabilmente uno dei simboli del museo. Carnegie, infatti, commissionò numerose repliche del “suo” dinosauro, da donare ai più importanti sovrani d’Europa: copie furono spedite a Londra, Berlino, Parigi, Vienna e così via. Nel 1909, l’esemplare destinato all’Italia non fu accolto a Roma o Milano, bensì a Bologna, dove, forte della sua influenza, Giovanni Capellini stava assemblando una delle più importanti collezioni paleontologiche europee.
L’intento di Carnegie era quello di unire nel nome della scienza il continente europeo, ai tempi attraversato da forti tensioni. Di lì a poco, scoppiò la Prima Guerra Mondiale, che distrusse ogni speranza di pace. Nonostante ciò, “Dippy” (come viene spesso soprannominato questo diplodoco) è diventato così uno dei dinosauri più famosi al mondo, nonché il primo dinosauro che molti europei abbiano mai potuto ammirare.

Riccardo Rocchi